Cosa ti viene in mente quando pensi a come quantificare l’intelligenza di qualcuno?
Se la risposta a questa domanda è “QI” (Quoziente Intellettivo), sappi che la tua sarebbe una valutazione, ormai, obsoleta.
Questo punteggio, infatti, ottenuto tramite dei test standardizzati e che va a misurare lo sviluppo cognitivo di una persona, non è più sufficiente a fornire dei risultati affidabili: lo studio e l’evoluzione della psicologia moderna hanno fornito ulteriori strumenti, molto più fini e approfonditi, che si prefiggono lo stesso obiettivo ma con molta più specificità.
Quante volte, ad esempio, hai sentito parlare di analfabeti funzionali e di intelligenza emotiva?
Nel primo caso, ci troviamo di fronte ad individui che, sebbene istruiti e magari anche laureati, non riescono ad interpretare al meglio le informazioni che ricevono: nonostante siano capaci di scrivere, leggere e fare calcoli, infatti, non sono in grado di comprendere a pieno il risultato di queste azioni, spesso fraintendendo o intendendo le cose a modo loro.
In pratica, è la posizione intermedia tra un analfabeta – che non è in grado di leggere o scrivere – ed un alfabeta: c’è padronanza di base con l’alfabetizzazione ma non la capacità di raggiungere il giusto livello di comprensione e di analisi, come se mancasse il senso del quadro d’insieme dei discorsi complessi.
Cos’è l’intelligenza emotiva?
Si tratta di un particolare tipo di qualità cognitiva: è, in sostanza, il contatto profondo ed il riconoscimento automatico non solo delle emozioni altrui, ma anche di quelle personali, grazie al quale la vita diventa più consapevole, orientata e naturalmente di successo.
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La parola “naturalmente” non è scelta a caso: non c’è nulla di forzato ma, anzi, si tratta di una dote grazie alla quale le persone si comportano automaticamente in un certo modo che, alla fine dei conti, si rivela profondamente positivo per tutti; aiuta, infatti, ad instaurare un sano rapporto con se stessi e con gli altri, in tutte le sfere della vita, da quella sentimentale a quella lavorativa.
Ti ho incuriosito e vuoi saperne di più? Allora ecco qualche chicca per te!
1995: il libro “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman
Si è iniziato a parlare di intelligenza emotiva in tempi decisamente recenti: nel 1990, è stata il tema di un articolo firmato dai professori Peter Salovey e John D. Mayer mentre, nel 1995, è divenuta il perno di un intero libro scritto dal giornalista e psicologo statunitense Daniel Goleman. Con un sottotitolo, tra l’altro, decisamente intrigante: “Che cos’è e perché può renderci felici”.
Per dirla in due parole, il miglior utilizzo del proprio QI è condizionato dal QE (Quoziente Emotivo), collegato alla propria capacità di autogestione, automotivazione e autocontrollo.
Quante volte capita di imbattersi in “talenti sprecati”? Persone super intelligenti che non riescono a mettere a frutto questa dote e si perdono dietro attività insulse e che non portano a nulla.
Questo accade proprio perché questi individui non sono in contatto con le proprie emozioni e non hanno sviluppato un profondo senso di autoconsapevolezza e autodeterminazione, per cui non riescono a mettere a fuoco al meglio le priorità e gli obiettivi da perseguire.
Chi è, quindi, una persona di successo?
È quella in cui queste qualità coesistono e comunicano tra loro!
E la buona notizia è che, anche se credi di non essere dotato di intelligenza emotiva, puoi stimolarla ed “allenarla” proprio come faresti con i muscoli in palestra!
Intelligenza emotiva: com’è strutturata?
Secondo Goleman, l’intelligenza emotiva si struttura attraverso 4 aspetti fondamentali:
- conoscenza, consapevolezza e controllo delle proprie emozioni;
- automotivazione;
- empatia;
- gestione delle relazioni, a tutti i livelli.
La coscienza delle proprie emozioni, infatti, assicura un rapporto causa-effetto molto efficiente tra le nostre sensazioni ed il modo in cui reagiamo ad esse: riconoscere di essere arrabbiati, ad esempio, ci consente di lavorare su quello stato d’animo senza farci prendere dall’impulso di mettere in atto comportamenti di cui, una volta sbollito, potremmo pentirci; e questo vale in tutti i contesti della vita.
Da qui, l’autogestione e autodeterminazione completa che passa per una canalizzazione delle emozioni (positive e negative) funzionale alla migliore resa possibile, anche sotto stress: perché quando si è troppo abbattuti o, al contrario, al massimo dell’adrenalina e della felicità, restare lucidi e continuare a valutare i contesti nella specificità del loro insieme è davvero tutto.
E c’è anche di più.
Stando alle ricerche di Goleman, il ruolo dello “sfogo” è stato declassato ad un mero strumento di autoalimentazione delle emozioni negative; non le elimina affatto, quindi, come siamo abituati a pensare.
Il segreto è neutralizzarle facendo qualcosa di piacevole e in grado di distrarci, di spezzare l’automatismo della concatenazione dei pensieri tossici e di auto-distaccarci, per guardarci dall’esterno, come fossimo osservatori di noi stessi cercando di avere un pensiero positivo.
La soluzione migliore? Dedicarsi ad un’attività che dia soddisfazione, che sia fare del volontariato, uscire a fare una passeggiata, fare sport o qualunque altra iniziativa “decongestionante” e positiva per la mente. Ne gioverà l’intero stato psicofisico.
Ancora, c’è la questione dell’automotivazione che, a sua volta, passa per l’attitudine al sacrificio e alla riflessione: gli esperti hanno scoperto che questa dote è maggiormente presente in chi è incline al rimando dei piaceri immediati per ottenere dei risultati più gratificanti in futuro; la gratificazione, infatti, è un elemento fondamentale per migliorare la stima in se stessi.
Ovviamente, non tutti sono naturalmente predisposti a questo tipo di atteggiamento: riconosciuto questo limite, però, ti assicuro che è possibile lavorarci sopra! Ad esempio: ti sei mai chiesto come vivi un fallimento? Come una sconfitta personale – da vero pessimista cronico – o come un’esperienza da cui apprendere gli errori da non ripetere?
Insomma, ancora una volta è tutta questione di punti di vista.
Per quanto riguarda l’empatia, cioè l’identificazione delle emozioni altrui e la capacità di immedesimarsi negli altri “camminando nelle loro scarpe”, Goleman asserisce che è tanto più sviluppata quanto più riusciamo ad identificare nello specifico le nostre emozioni, persino quando sono confuse, mixate, ingarbugliate tra loro; senza autoconsapevolezza, quindi, si perde anche molta dell’apertura che potremmo avere nei confronti degli altri, arrivando ad inquinare le relazioni interpersonali con cattive interpretazioni o misunderstanding.
Ed è proprio per questo che in molte scuole si è scelto di portare i bimbi a lezione di empatia: per quanto sia una qualità innata nei piccoli, molto spesso viene viziata ed alterata dal rapporto con i genitori e finisce per frantumarsi senza riuscire a prendere forma e senso all’interno della vita dei futuri adulti; diventando un ostacolo per relazioni sane e produttive.
Da qui, è tutto in divenire: le emozioni sono contagiose, per cui il tuo obiettivo deve essere quello di trasmettere e lasciarti trasmettere soltanto sensazioni positive, in modo da identificare e ricevere un contributo propositivo per la tua vita e quella degli altri.
È l’unica strategia concreta per allontanare tutto ciò che, al contrario, potrebbe rivelarsi distruttivo, inconcludente, avvilente, deprimente.
E da questo trampolino, poi, se vorrai, potrai lanciarti anche più in là nell’autoaffermazione: perché cambiare le emozioni altrui in maniera fattiva e proattiva è un lavoro da leader!
ricorda: Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività.
Migliora ora la tua intelligenza emotiva
Se non lo sai l’Intelligenza Emotiva è stata inserita tra le prime 10 competenze richieste entro la fine del 2020/21 dal World Economic Forum, questo perchè padroneggiare con questa meta-abilità significa migliorare nettamente la qualità della propria vita, influenzando positivamente anche gli stati d’animo delle persone che ti circondano, come potrebbero essere i tuoi figli i tuoi amici o colleghi di lavoro.
A questo proposito (se ancora non l’hai visto) voglio farti vedere un video che trovi qui sotto, di Silvia Minguzzi la Cofondatrice e Presidente dell’Accademia dell’Intelligenza Emotiva docente Master Alta Formazione alla Bologna Business School, coach di campioni sportivi, manager e personaggi dello spettacolo.
Silvia ha creato un vero e proprio percorso che ti guida nell’apprendere e padroneggiare al massimo con la propria intelligenze emotiva